I Tortelloni alla bolognese sono un primo piatto molto gratificante. Questa è la versione di mia moglie Adele: valgono una prova da parte vostra.
I tortelloni, “turtlon”, sono un piatto tipico bolognese. La forma è simile a quella dei tortellini, ma più grande. Io preferisco che siano parecchio più grandi, in modo che il ripieno di ricotta debordi in bocca esaltandone il sapore, delicato e poco aggressivo. Per questo il suo condimento ideale, a mio parere, è il burro e salvia, mentre quello più tradizionale sarebbe il burro e oro, cioè burro e pomodoro. Indispensabile, per un risultato perfetto, l’uso di quel poco di aglio presente nella tradizione e che oggi, purtroppo, a causa di quella guerra inconsulta dichiarata a prescindere, si tende a non usare. Mia moglie Adele è d’accordo con me e ne fa uso, in questo caso con parsimonia.
Ingredienti per quattro persone
Per la sfoglia
– Farina 0: 200 gr.;
– Uova medie: 2.
Per il ripieno
– Ricotta mista: 500 gr.;
– Uova: 1 media;
– Parmigiano-Reggiano: 50 gr.;
– Aglio: 1 spicchio piccolo;
– Prezzemolo: Un pugnetto;
– Noce moscata: Una grattatina;
– Sale e pepe: q.b.
Per il condimento
– Burro: 100 gr.;
– Salvia: A piacere (circa 8 foglie).
Preparazione del ripieno
In una terrina, mettete la ricotta, il parmigiano-reggiano grattugiato, l’uovo, un cucchiaio del prezzemolo e l’aglio tritati finemente, e una scarsa grattata di noce moscata. Salare e pepare e amalgamare con cura aiutandovi con una forchetta fino a rendere l’impasto omogeneo.
Preparazione della sfoglia e dei tortelloni
Tagliare dei quadrati di pasta di circa 7 cm di lato, mettete in mezzo ad ognuno una noce di ripieno.
Chiuderli prima a triangolo premendone i bordi per non fare fuoriuscire il ripieno, poi, girandoli attorno al dito indice unire le due estremità. Premere bene in modo che non si aprano in cottura.
Cottura
Porre con attenzione i tortelloni in abbondante acqua salata in ebollizione. Far riprendere il bollore. Non appena verranno in superficie prelevarli con la ramina e passarli delicatamente nella padella dove sarà pronto a riceverli il burro sciolto con la salvia. Farli saltare o muoverli con grazia.
Servizio
Impiattare una dozzina di tortelloni per ogni commensale. Aggiungere il condimento rimasto con le foglie di salvia. Pepare macinando al momento.
Da bere
Un vino bianco dal profumo di frutta matura e ricco di mineralità. Ma, essendo un piatto Emiliano, anche un buon Lambrusco secco.
Considerazioni
Il pepe alla fine è ha piacere. A noi piace. Sconsigliato aggiungere il Parmigiano-Reggiano (una pratica molto diffusa) perché il suo forte sapore prevarrebbe troppo su quello della ricotta. Ma tutti i gusti sono gusti e De gustibus non est disputandum!
Come ho scritto all’inizio, il sugo della tradizione sarebbe con burro e pomodoro e molti li preferiscono conditi con il ragù di carne, ma solo con il burro e salvia si riesce a gustare pienamente il ripieno di ricotta, meraviglioso con quel sentore di aglio, insaporita dal Parmigiano-Reggiano e resa stuzzicante dalla noce moscata e dal pepe.
Vediamo come Carlotta, nel mio romanzo “E’ caduto un pilota nel giardino” prepara la sfoglia con il mattarello. In questo caso gli etti di farina sono quattro, ma basta ridurre a due farina e uova e tutto tornerà.
“…prese quattro etti di farina di grano tenero tipo “00”, li dispose a monticello sul tagliere di legno appoggiato sul massiccio tavolo che aveva voluto nella cucina per lavorare sopra una base stabile.
Fece un buco al centro della farina e vi ruppe quattro uova all’interno ponendo molta attenzione che non vi cadesse dentro neanche un pezzetto dei gusci. Con una forchetta le sbatté delicatamente, poi cominciò a impastare con cura, amalgamando la farina con le dita e allargando, via via, il cratere centrale. Carlotta non usava l’impastatrice, le piaceva usare le mani. Riconosceva la consistenza dell’impasto e sapeva quando la proporzione tra la parte liquida e la farina era corretta. Non usava, alla moda emiliana, sale. Quando il bordo della fontana si ridusse al limite della possibilità di contenere la parte più liquida interna, con il lato del palmo della mano raccolse dai lati esterni la farina andando a ricoprire il tutto. Lavorò la massa, lontana dalle correnti d’aria perché non si seccasse, ancora per circa cinque minuti. Alla fine le diede la forma di un panetto che lasciò a riposare in una terrina coperta per una mezz’ora.
Infarinò il tagliere e vi posizionò il panetto di impasto che aveva lasciato a riposare. Sfilò il mattarello dalla custodia. Lo impugnò con le due mani abbastanza vicine tra loro. Tenne gli avambracci divaricati, con i gomiti distanti dal corpo, così la pressione sul mattarello veniva data dalla parte di palmo in corrispondenza dei pollici. Carlotta accompagnava la forza delle mani con movimenti alternati dei fianchi, premeva ma non tratteneva il mattarello.
Con forza e sapienza allargò l’impasto verso l’esterno ruotandolo ogni venti secondi di un quarto di giro. Quando lo spessore della sfoglia divenne sottilissimo, rendendola quasi trasparente, la tagliò in riquadri di circa sei centimetri di lato. Prese il ripieno conservato in frigorifero e ne sistemò una quantità pari a una noce al centro di ogni quadrato. Ne preparò due dozzine che chiuse rapidamente, per evitare che la pasta si seccasse. Prima li ripiegò a triangolo pressando sui bordi, poi girò i lembi intorno al dito indice, ripiegò la punta e sovrappose le due estremità su cui fece pressione perché si attaccassero per bene.”